Che
fai tu, Luna, in Ciel? |
Le
fasi lunari
La
Luna è solita assumere durante il corso delle sue fasi e nell'arco
dell'anno, aspetti che hanno valso alla pallida Selene l'appellativo
di "mutevole" nonché quello di "lunatico" a tutti
coloro dotati di carattere un pò... imprevedibile.
E'
noto che gli antichi, ignorando la natura planetaria dell'astro delle
notti, vollero sovente annettere al fenomeno qualità magiche e divine.
Gli Egizi, nell'argenteo disco adoravano Iside, e compito dei sacerdoti
era quello di annunciarne, fra i bagliori del Sole al tramonto, la prima
apparizione della debole, sottilissima falce. L'accrescimento costante
della parte illuminata dapprima, e la successiva decrescita, fecero
credere agli Assiri che l'astro generasse e consumasse se stesso in
alterna vicenda, e per questo motivo, lo venerarono come il dio Sin,
padre della prosperità e della fertilità.
Anche
ad Efeso la Luna veniva adorata sotto il nome di Lucina (da cui il
vocabolo Luna) divinità feconda, dalle cui cento mammelle
scaturisce la vita universale: il culto lunare anzi vantava ad Efeso
tale pubblica corrispondenza, in specie presso il mondo femminile, che
il tempio colossale che vi era stato all'uopo edificato, lungo 130
metri, largo 60, dotato di 137 colonne marmoree di 18 metri d'altezza e
di numerose statue dorate, era universalmente considerato una delle
sette meraviglie del mondo antico. Il fenomeno delle fasi è del tutto
elementare. La Luna compie una rivoluzione intorno alla Terra in 27
giorni e un terzo, mentre la Terra completa la propria orbita annua
intorno al Sole in 365 giorni. Per l'osservatore terrestre il moto
apparente del Sole sull'eclittica si svolge quindi, da ponente verso
levante, in ragione di 1° al giorno, mentre quello della Luna, sempre
nella medesima direzione, risulta assai più elevato: 13° circa.
Pertanto lo spostamento relativo diurno fra i dischi lunare e solare
ammonta, in media, a 12° e ne consegue che, a partire da una generica
posizione, ad esempio, quella del novilunio, con i due astri in congiunzione
e, pertanto, con l’emisfero oscuro della Luna rivolto completamente
alla Terra, il suddetto osservatore, dopo un giorno, vede la Luna
spostata ad est del Sole di 12° con l’emisfero in ombra meno
direttamente in vista e con una strettissima falce luminosa in mostra.
Due giorni dopo la separazione fra il Sole e la luna ammonta a 24° e
l’emisfero oscuro appare esposto ancor meno direttamente, mentre si va
scoprendo un settore maggiore di quello illuminato. Il progressivo
avanzamento della parte in luce su quella in ombra procede regolarmente
durante i giorni successivi: al settimo giorno la Luna, giunge a 90°
dal Sole e si dice che è in quadratura: allora appare illuminata
per metà (Luna dicotoma). Infine la separazione della posizione del
satellite da quella del Sole, dopo 14 giorni, raggiunge i 180°: i due
astri si dicono in opposizione perché il disco lunare, in quel
momento, si proietta agli antipodi celesti dell’astro del giorno e ci
offre tutto l’emisfero visibile illuminato. La fase è ora quella del plenilunio.
Nei
giorni successivi la Luna riprende ad avvicinarsi alla posizione del
Sole, questa volta accostando da ovest, e l’esposizione del suo
emisfero illuminato torna a divenire sempre meno diretta: si vanno così
scoprendo all’osservatore sezioni progressivamente più estese della
parte notturna, fino a che la zona illuminata si riduce ad una falce
sottile che finisce per estinguersi definitivamente allorché la Luna,
ritornando in congiunzione col Sole, si viene a proiettare
insieme ad esso nella medesima regione del cielo. In tale momento
l’astro della notte è di nuovo in novilunio e si sottrae alla
vista. E’ da tener presente che, quando la Luna riassume la medesima
posizione rispetto alle stelle, essa ha compiuto la sua orbita siderale
di 27 giorni e 8 ore circa, ma la posizione riferita al Sole, e quindi
la fase, non torna a coincidere perché nel frattempo l’astro del
giorno si è spostato verso levante di 27°.
Se,
come abbiamo convenuto, facciamo partire la lunazione dal novilunio, al
termine di una rivoluzione siderale la Luna ci mostra ancora una falce
sottile e pertanto, per il verificarsi del novilunio successivo è
necessario attendere altri due giorni. Si giunge così al periodo di 29
giorni e 13 ore circa che rappresenta l’intervallo con il quale
l’osservatore terrestre vede il ripetersi di fasi omologhe, e che è
detto rivoluzione sinodica. Rivoluzione sinodica, lunazione, mese
lunare, sono dunque sinonimi, e i giorni contati dal novilunio indicano
l’età della Luna. La convessità della falce lunare (il
cosiddetto “crescente”) mostra da quale parte proviene
l’illuminazione ed è ovviamente sempre rivolta verso il Sole: in fase
di accrescimento il satellite sorge di giorno, si libra ad est del Sole,
tramonta dopo di esso e il crescente è rivolto verso ovest. Al
plenilunio sorge esattamente al momento in cui il Sole tramonta e
culmina in meridiano a mezzanotte (in realtà, per effetto della
rifrazione atmosferica che innalza apparentemente gli astri
sull’orizzonte, può avvenire di scorgere allo stesso tempo il Sole e
la Luna sugli orizzonti opposti). Nei giorni successivi la Luna comincia
a decrescere; sorge dopo il tramonto, culmina dopo la mezzanotte e
tramonta sempre più oltre il sorgere del Sole, rispetto al quale è
disposta ad ovest.
In
questa seconda parte della lunazione, la convessità della zona
illuminata, o del crescente, è rivolta ad est e da ciò nasce il detto
popolare “gobba a ponente, luna crescente; gobba a levante, luna
calante”. Se ammettiamo per un momento, che il piano medio
dell’orbita della Luna coincida con quello dell’equatore celeste, si
capisce subito che l’inclinazione, rispetto all’orizzonte, della
falce lunare quando tramonta o sorge (ai primi o agli ultimi giorni
della lunazione), deve variare con la latitudine del luogo
d’osservazione e, in effetti, il crescente appare coricato (“luna a
barchetta” oppure “luna a ponte”) nelle regioni tropicali della
Terra, mentre si dispone verticale (“luna in piedi” o “dritta”)
in quelle polari.
La
luce cinerea
Un
fenomeno ottico da tutti sperimentato è quello della visibilità della
parte in ombra del disco lunare, dopo o prima del novilunio, allorché
il crescente si mostra sotto l’aspetto di una falce molto sottile. Si
tratta, come è noto, di una luminosità diffusa, quasi fosforescente,
che invade l’emisfero notturno del satellite, la cui colorazione,
secondo alcuni, assume tonalità tendente al verde oliva, ed anche al
rosso ocra: ma più generalmente è di aspetto cenericcio e per questo
motivo è stata denominata “luce cinerea”.
L’interpretazione
del fenomeno luminoso suscitò nel passato vive polemiche poiché esso
venne variamente spiegato con la fosforescenza della superficie lunare,
con la luce riflessa dalle stelle o dal luminosissimo Venere (Tycho
Brahe), ed anche con una pretesa… diafanità del globo dell’astro
che avrebbe lasciato trasparire la luce del Sole. La vera
interpretazione è attribuita al Regiomontano, ed anche a Leonardo da
Vinci: essa venne peraltro chiaramente esposta da Galileo nel suo
“Dialogo sopra i Massimi Sistemi”. La luce cinerea è di provenienza
terrestre poiché il disco del nostro pianeta splende nel cielo lunare
con una superficie quindici volte maggiore di quanto è quella con cui
noi vediamo la Luna Piena, ed inoltre il potere riflettente della Terra
(albedo) è cinque volte quello lunare.
La
"luce cinerea". L'emisfero in ombra della Luna, fotografato
grazie all'illuminazione rinviata dalla Terra, mostra tutti i suoi
dettagli. La falce lunare è in fase calante ed appare fortemente
sovraesposta.
Si
è calcolato che la luminosità del plenilunio è di mezzo milionesimo
rispetto a quella del Sole e si riduce ad un decimo alle epoche dei
quarti lunari. Il globo terrestre appare pressoché
immobile nel cielo della Luna (in realtà, per effetto della
varie librazioni lunari esso descrive un’ellisse, pressoché
circolare, di 6°-7° di raggio) e si proietta ad altezze diverse a
seconda del luogo: esso offre lo spettacolo della successione delle fasi
che, per lo spettatore lunare, si svolgono in 29 giorni e mezzo, vale a
dire con lo stesso periodo con cui l’astro delle notti completa una
lunazione per lo spettatore terrestre; ma le fasi terrestri si
avvicendano in modo complementare a quelle della Luna: allorché
l’astro delle notti si mostra appena falcato, la Terra è quasi
illuminata in pieno per la Luna; quando la Luna è al primo quarto, la
Terra vi appare all’ultimo quarto; se la Luna è per noi al
plenilunio, la Terra sarà “nuova” e si sottrarrà alla visione
degli ipotetici seleniti.
Quando
la Terra è “piena”, la quantità di radiazione luminosa che si
riversa sull’emisfero oscuro della Luna è sufficiente per farcene
scorgere i dettagli più salienti: crateri molto riflettenti come
Aristarco o Tycho, e le masse oscure dei “mari” lunari. Il fenomeno
della “luce cinerea” si estende ai giorni immediatamente precedenti
e successivi al novilunio ed allora è possibile scorgere
contemporaneamente la porzione in ombra della Luna, Scontornata da
quella che, sotto l’aspetto di falce luminosissima, è ancora, o di già,
colpita dalla radiazione diretta del Sole. Gli inglesi dicono che, in
tali epoche, “la Luna vecchia sta in braccio a quella nuova”. La
visibilità della luce cinerea è possibile solo con la falce bassa
sull’orizzonte occidentale od orientale, quindi poco dopo il tramonto
e poco prima dell’alba, in modo che gli intensi chiarori crepuscolari
risultino sufficientemente attenuati: lo stato di trasparenza del cielo
condiziona in larga misura il risalto del fenomeno ottico. La luce
cinerea presenta notevoli variazioni d’intensità che sono, come si
comprende, oltre che alla serenità del cielo, strettamente connesse al
potere riflettente delle parti esposte della superficie terrestre. E così,
al mattino, l’effetto in Italia è più vistoso, poiché sono le
grandi estensioni continentali dell’Africa, Asia ed Europa a
riflettere luce verso la Luna mentre, al contrario, la luce cinerea
serotina è più debole poiché, in quel momento, sono le superfici
oceaniche dell’Atlantico e del Mare del Nord ad essere esposte, e il
loro potere riflettente è notevolmente più basso. Il deposito di
grandi quantità di nevi sul suolo terrestre, o la presenza di estesi
banchi di nuvolosità nell’atmosfera, si riflettono come in uno
specchio e sono sufficienti ad intensificare la luce cinerea.
Pare
comprovato che proprio l’attento esame delle variazioni
dell’intensità della luce riflessa verso il satellite naturale della
Terra in rotazione, abbia consentito ad alcuni astronomi del XVIII
secolo di prevedere l’esistenza di quella vasta superficie
continentale che solo in seguito venne realmente scoperta e prese il
nome di Australia. Inoltre è interessante ricordare che, dal confronto
dello spettro luminoso della parte illuminata della Luna con quello
della luce cinerea, fu possibile nel passato ottenere le prime
informazioni sulle proprietà assorbenti del suolo e dell’atmosfera
terrestre, in quanto la luce cinerea, trattandosi di radiazione filtrata
due volte attraverso l’involucro aereo della Terra, ne contiene anche
tutte quelle caratteristiche informative che potrebbero essere rilevate
da un osservatore esterno.
La
Luna e le stagioni
E’
utile ora dedicare qualche riflessione sulle condizioni di visibilità
del satellite naturale della Terra nelle diverse stagioni dell’anno.
Per questo basta tener presente che l’orbita della Luna può venir
suddivisa in due parti, centrate rispettivamente sul punto di congiunzione
(novilunio) e su quello di opposizione (plenilunio) col Sole. Il
primo, come sappiamo, si trova dalla parte del luminare diurno;
l’altro è dalla parte opposta. Quando siamo in estate, il Sole si
trova tutto a nord dell’equatore celeste e culmina assai in alto sul
meridiano del luogo: ne deriva che gran parte della semiorbita lunare
intorno alla congiunzione si proietta anch’essa a nord
dell’equatore, e così il novilunio e le fasi adiacenti, fino al primo
ed all’ultimo quarto, si svolgono con la Luna alta sull’orizzonte.
L’inverso avviene nell’arco della restante semiorbita: allora il
satellite raggiunge posizioni antipodiche a quelle del Sole e pertanto
la fase di Luna Piena si verifica ad altezze poco elevate
sull’orizzonte, come pure le fasi contigue. Quando siamo in inverno
tutto si capovolge: è allora il Sole, molto a sud dell’equatore
celeste, a culminare basso sul meridiano e di conseguenza avremo anche
bassa la falce lunare intorno al novilunio. Ma la Luna Piena e le fasi
contigue, culmineranno assai in alto, vale a dire alle medesime altezze
raggiunte dal Sole estivo: la comune esperienza ci ricorda infatti i
gelidi pleniluni invernali, allorché dal suo nitido disco l’astro
delle notti riversa, alto nella limpida volta celeste, l’abbagliante
riverbero che offusca d’argentea nebbia il tremolante scintillio delle
stelle. In tutto quanto precede si è supposta la coincidenza del piano
dell’orbita lunare con quella terrestre (eclittica) mentre in realtà
i due piani, come sappiamo, sono inclinati di 5°9’. Se è vero che la
Luna può raggiungere le sue massime culminazioni al momento del
plenilunio (in inverno) e del novilunio (d’estate) è anche vero che
dobbiamo tener conto della possibilità che il valore
dell’inclinazione dell’orbita venga ad aggiungersi, oppure a
sottrarsi. Nel caso della coincidenza dei due piani orbitali,
l’altezza massima del disco lunare sarebbe la stessa di quella del
Sole al solstizio estivo il quale, per esempio, alla latitudine di Roma
(41°54’) culmina il 21 giugno a 71°33’ sull’orizzonte
meridionale. L’aggiunta dell’inclinazione propria
dell’orbita lunare porta allora le culminazioni del satellite (in
particolare quelle di una Luna Piena invernale) al massimo valore
possibile di 76°42’. Il minimo valore è facilmente calcolabile in
modo analogo, prendendo
quello della culminazione del Sole al solstizio invernale (24°39’) e sottraendo
il solito valore di 5°9’: il risultato è 19°42’ che rappresenta
appunto la minima altezza sull’orizzonte di una culminazione lunare,
in particolare quella di una Luna Piena estiva. Può sorgere la curiosità
di sapere in quali regioni della Terra è possibile scorgere la Luna che
culmina addirittura allo zenit. E’ presto fatto. Se riprendiamo un
momento i dati riguardanti Roma, vediamo immediatamente che la distanza
zenitale della Luna alla sua massima culminazione è ancora di 13°18’
(complemento a 90° di 76°42’): bisogna dunque scendere in
latitudine di una pari quantità affinché si verifichi l’eventualità
di veder rispecchiato in fondo ai pozzi il bianco disco dell’astro
delle notti. Dunque, per i paesi posti alla latitudine di 28°36’
(vale a dire 41°54’ meno 13°18’) è possibile che la Luna divenga
zenitale, e ciò è valido anche entro tutta la fascia a cavallo
dell’equatore, compresa a nord e a sud dai paralleli di quella
latitudine. Per le regioni al di sotto dei 28°36’ le culminazioni più
elevate della Luna iniziano a verificarsi oltre lo zenit, e il
satellite comincia a scendere d’altezza, passando dalla parte
meridionale a quella settentrionale del meridiano locale, cosa che del
resto avviene anche nei riguardi delle culminazioni solari per i paesi
posti a sud del Tropico del Cancro (23°27’ di latitudine). In
analogia al Sole il quale, veduto da oltre i Circoli Polari nelle epoche
dei solstizi, non tramonta per più giorni di seguito e dà luogo al
suggestivo spettacolo del “sole di mezzanotte”, anche per la Luna
esistono luoghi della Terra dai quali essa non tramonta per alcuni
giorni allorché raggiunge le sue massime culminazioni: tali luoghi sono
situati al di là dei paralleli di 61°24’ di latitudine (nord e sud).
E’ ovvio che in tali regioni, alternativamente, la Luna non sorge
affatto per un certo tempo, allorché le sue culminazioni sono molto
basse.
L'altezza
della Luna Piena alle diverse stagioni dell'anno. in 1) il Sole
(mostrato nella "culminazione inferiore" della mezzanotte) si
trova al solstizio invernale e la Luna appare alta sull'orizzonte. In 2), con il Sole sull'equatore (equinozi) la Luna è ad un'altezza
media; mentre in 3) essa appare bassa poiché il Sole è al solstizio
estivo.
Abbiamo fatto notare più volte che, a causa del suo moto
orbitale, la Luna si sposta in cielo di moto diretto (cioè da ponente
verso levante) in ragione di oltre 13° al giorno, per la qual cosa, in
media, (non tenendo conto cioè dell’inclinazione e dell’eccentricità
dell’orbita, del fenomeno della variazione e delle altre
perturbazioni) l’astro ritarda quotidianamente di 50m30s
l’istante della propria levata. Perciò l’intervallo di 24h50m30s
con cui il disco lunare si riporta al meridiano del luogo, può esser
considerato anche il periodo del “giorno lunare” se si convenisse di
assumere la Luna, anziché il Sole, per segnare le ore del giorno. E
come il Sole il quale, intorno agli equinozi, tende a variare
rapidamente gli istanti del sorgere e del tramontare, mentre i medesimi
istanti sembrano immobilizzarsi intorno ai solstizi, così anche nel
caso del satellite naturale della Terra che, (a prescindere
dall’inclinazione dell’orbita) segue pressappoco il medesimo cammino
apparente del Sole, il transito per gli stessi punti equinoziali
comporta variazioni diurne notevoli negli istanti di levata e di
tramonto, variazioni che vanno ovviamente ad aggiungersi od a sottrarsi
al ritardo medio della Luna. In particolare, nei giorni vicini al
passaggio per il punto equinoziale primaverile (punto gamma o vernale)
l’istante del sorgere del satellite anticipa costantemente come quello
del Sole, però non è possibile constatarlo visibilmente fino a che
esso non si verifica quando la luce del Sole si è attenuata, vale a
dire dopo il tramonto. Il sorgere della Luna dopo il tramonto del Sole
si produce, com’è noto, a partire dai giorni successivi al
plenilunio: in tal caso, se l’astro delle notti è all’equinozio di
primavera, l’astro del giorno, che deve trovarsi nel punto opposto del
cielo, è all’equinozio d’autunno. Ed è appunto nei giorni che
vertono intorno al 23 settembre che è possibile notare in modo
particolare come il sorgere della Luna, pressoché piena, anticipa in
modo tale da compensare il ritardo medio di 50 minuti: per alcuni giorni
il satellite sembra levarsi ad oriente quasi alla medesima ora ed il
fenomeno viene comunemente indicato come “la Luna d’autunno”. Per
ragioni del tutto analoghe, allorché la Luna transita per il punto
dell’equinozio autunnale, essa ritarda l’istante della levata
rispetto al ritardo medio, ed in quelle epoche, per veder sorgere
l’astro, è necessario attendere fino ad un’ora e mezza
sull’istante di levata del giorno precedente.
La
Luna e il calendario
Fu
del tutto naturale che gli antichi, stupiti ed attratti dall’ignota
ricorrenza delle fasi lunari, ne utilizzassero il regolare periodo come
base per il computo del tempo e, se dall’avvicendamento del giorno e
della notte regolarono le loro attività giornaliere, dagli aspetti
mutevoli del disco della Luna cercarono di rintracciare un qualche
ideale criterio che consentisse l’identificazione, in anticipo, dei
giorni e quindi l’utilizzazione di una cronologia per fini pratici
(agenda delle attività, delle cerimonie, calendario). Il problema fu
dunque quello di mettere d’accordo una periodicità di tipo solare,
quale quella del giorno, con una periodicità di tipo lunare, quale
quella delle fasi. La prima cosa che nacque spontanea fu la suddivisione
del mese lunare in quattro parti: novilunio-primo quarto; primo
quarto-plenilunio; plenilunio-ultimo quarto; ultimo quarto-novilunio,
ciascuna della durata media di 7 giorni solari. Questa è la ragione
della scelta della settimana come prima base per il computo del
calendario; l’identificazione dei giorni settimanali fu poi compiuta,
com’è noto, dedicandoli alle diverse divinità planetarie: Luna =
lunedì; Marte = martedì; e così via. Fu dunque importante stabilire
il momento esatto del novilunio, inizio del periodo delle fasi: nacquero
per questa ragione le cerimonie delle Neomenie le quali,
svolgendosi in coincidenza dell’inizio della nuova lunazione,
imponevano alla casta sacerdotale l’osservazione accurata dell’infocato
orizzonte occidentale per cogliere, al tramonto del Sole, la comparsa
della sottilissima falce del crescente lunare, il cui annuncio veniva
dato col suono delle trombe. L’usanza di cominciare il mese
dall’apparire della nuova luna era comune presso i Caldei, gli Egizi,
gli Etiopi e i Persiani molti secoli prima di Cristo. Gli Ebrei
chiamavano “jerach” il periodo del mese lunare dal nome
“jareach” dato alla Luna, e il principio di esso veniva solennizzato
nel Tempio. I giochi olimpici dell’antichità classica cominciavano
con la Luna Nuova, e si può dire che tutti i popoli, da quelli del
centro America, a quelli della Mesopotamia, dell’Africa,
dell’Oceania, adottarono un criterio lunisolare per il computo del
calendario. Tuttavia apparve chiaro, ben presto, che l’accordo fra le
periodicità del Sole e della Luna era tutt’altro che buono. Intanto,
a capo di quattro settimane la Luna non tornava esattamente al novilunio
successivo poiché il periodo di una lunazione non è di 28 giorni ma di
29 e mezzo; inoltre la durata di una lunazione non è un divisore esatto
dell’anno solare e pertanto, oltre alla pretesa concordanza fra le
settimane e la lunazione, veniva a sfumare anche quella fra le lunazioni
e l’anno solare. Non è il caso di ricordare gli artifici a cui gli
antichi dovettero ricorrere per costruirsi un calendario accettabilmente
valido su tempi lunghi; basta qui menzionare che fu il greco Metone (IV
sec. a.C.) a scoprire che un ciclo di 19 anni solari, o 6940 giorni,
contiene quasi esattamente 235 lunazioni, vale a dire che, in capo a
tale periodo, le fasi della Luna si vengono a ripetere alle medesime
date. Ciò consentì, per la prima volta, di preparare calendari a
grande scadenza, e la scoperta (perfezionata successivamente da Calippo
Ciziceno e da Ipparco) parve così geniale, utile ed interessante ai
Greci che essi ne vollero eternare il ricordo su di una lamina d’oro,
e da questo fatto derivò il nome di “numero d’oro” dato
all’ordine occupato da ciascun anno entro il ciclo di Metone.
La
necessità di giungere ad una suddivisione soddisfacente dell’anno
solare (che, in definitiva, appariva più importante di quello lunare,
se non altro perché ad esso erano legate le vicende stagionali e la
ricorrenza dei lavori agricoli) condusse, con la Riforma Giuliana (I
sec. a.C.) e con quella Gregoriana (24 febbraio 1582) all’abbandono
definitivo di ogni criterio basato sulle presentazioni della Luna. Solo
i musulmani usano ancora un calendario rigorosamente lunare sul quale
sono prescritte tutte le ricorrenze religiose e civili. Nonostante che,
come deve apparir chiaro da quanto abbiamo detto, non emerga nessun
legame, né alcun significato astronomico fra il mese lunare e quello
solare, l’antica consuetudine di connettere i mesi alle lune è ancora
radicata in larghi strati sociali, specialmente in quelli rurali. Quante
scelte riguardanti lavori dei campi, previsioni meteorologiche, atti di
concepimento, interventi sanitari, vengono ancora effettuate cercando di
tener conto di quale sia la luna del mese! In ogni caso vale la
consuetudine di attribuire alla lunazione il mese in cui ne avviene il
plenilunio: luna d’agosto significa pertanto che ad agosto viene
attribuita tutta la lunazione di cui fa parte la Luna Piena di quel
mese. |
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